Le nostre peggiori paure si sono avverate. I sostenitori di Mousavi si sono dati ad atti di ribellione violenta, attaccando la polizia e incendiando diversi palazzi, tra i quali spicca il quartier generale di Ahmadinejad e il Mausoleo di Khomeini. La tensione si taglia col coltello e gli scontri tra manifestanti e forza dell'ordine si moltiplicano. A niente è servito il messaggio di Khamenei, massima istituzione iraniana, che aveva fermamente condannato i cortei di protesta e aveva ordinato di ritornare alla normalità. Anzi, dalla diffusione del suo appello, la situazione sembra addirittura peggiorare di ora in ora. Si mormora che i morti siano più di 150. Lo stesso Mousavi, rincarando la dose, afferma di essere pronto al martirio e proclama di non aver assolutamente paura delle ritorsioni. Lui vuole subito che si indicano nuove elezioni. In questo modo disdegna l'offerta fatta dal Consiglio dei Guardiani: il riconteggio del solo 10% delle schede, scelte a caso. Per il candidato riformista è solo un'ulteriore modo per effettuare brogli, che peraltro lui afferma essere cominciati prima delle elezioni, broglipreparati con mesi di anticipo. Certo è che il sostegno diretto di Mousavi ai suoi seguaci ha dato a questi una carica che Ahmadinejad non aveva previsto: il mondo tutto (quanto meno in buona parte) si sta schierando contro quello che appare ormai un regime islamico. Ahmadinejad è un nuovo dittatore agli occhi dei paesi Europei e degli Stati Uniti.
Infatti, al momento della presunta rielezione, nessun capo di stato si è congratulato con lui. Solo Medieved lo ha fatto, scegliendosi così un pericoloso alleato.
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