Tra i tanti promotori del referendum del 21 e 22 giugno non c'è solo il comitato di Mario Segni, a cui però va riconosciuto un grande impegno in questo progetto, ma ci sono anche alcuni leader politici, come la Bonino e Di Pietro. Mentre la prima voterà probabilmente si, anche se con qualche riserva, il leader dell'IDV non ha espresso una posizione chiara al riguardo. Ci si chiede allora: ma se lui è presente nel comitato promotore del referendum perchè adesso non sa da che parte schierarsi?
Molto probabilmente la risposta è da ricercare nella formulazione del referendum. I tre quesiti posti molto probabilmente non corrispondono a quello che Di Pietro auspicava. Il leader dell'Ialia dei Valori avrebbe voluto un referendum pienamente abrogativo, in cui l'unica domanda rivolta agli italiani doveva vertere sull'eliminazione totale della legge. Invece ora si ritrova a fare i conti con due quesiti in particolare che giocano molto a sfavore del suo partito. Sono quelli che chiedono l'attribuzione del premio di maggioranza alla singola lista e non più alla coalizione, sia alla Camera sia al Senato. Il piccolo partito di Di Pietro non avrebbe i voti necessari per prendere questo premio, e quindi il referndum giocherebbe a suo sfavore, così come per gli altri piccoli partiti.
Non a caso in questo referendum tutti i "piccoli" voteranno no o si asterranno (il che è un comportamento molto subdolo), come ad esempio Lega Nord,UDC e i vari partiti di sinistra.
Ma allora perchè la Bonino probabilmente voterà si? Perchè il suo gruppo si trova all'interno del PD, che ha il 26,2% dei voti (secondo le europee). Quindi per loro è molto più facile abrogare questi punti presenti nel porcellum, in quanto sono sicuri, conservando lo stasus quo,di essere in parlamento e di ricevere una parte del premio di maggioranza. Ovviamente nello stesso partito ci sono alcune opinioni contrastanti.
Insomma, tranne i due grandi partiti, gli altri non vogliono averne niente a che fare, proprio per gli strani e inattesi quesiti posti. Occorre però ricordare che Mario Segni (promotore del referendum ndr) combatte per l'attuazione del bipartitismo in Italia, ed è normale che un referendum da lui proposto sulla riforma elettorale segua questo schema.
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